Illuminazione a LED ad investimento zero si può ?

Le E. S. Co. ovvero le società al Servizio dell’ Energia attive nei settori quali fotovoltaico, bio-masse, eolico stanno muovendosi anche in progetti di ottimizzazione dei consumi elettrici tramite la conversione a LED degli impianti di illuminazione.

Una di queste la Time Led srl ha attirato la mia attenzione per il suo approccio innovativo che può essere di grande aiuto in campo commerciale, industriale ed agricolo.

L’ illuminazione di uffici, fabbriche, magazzini di lavorazione e stoccaggio, vivai e coltivazioni di ortaggi e primizie a foto-periodismo modificato, richiedono grandi consumi energetici, che spesso scoraggiano l’installazione di impianti illuminanti od il loro ammodernamento.

La Time Led che opera in collaborazione con la Ideallux unica fabbrica di LED “made in Italy” (di altissima qualità rispetto a materiale cinese) propone un noleggio operativo per 4-5 degli impianti illuminanti compresa messa in opera al termine del quale l’illuminazione resta al Cliente.

Dopo un’analisi gratuita e personalizzata del parco illuminante aziendale, viene elaborata una proposta con impianti a LED che da subito, comportano risparmi energetici effettivi e comprovabili dell’ ordine del 60%-70%.

In sintesi, senza esborso alcuno, ma con il risparmio dato dall’attuale costo dell’energia elettrica,  è possibile autofinanziare totalmente il nuovo impianto di illuminazione a LED ed avere un’ulteriore sgravio significativo in bolletta già nell’immediato.

la formula NOLEGGIO OPERATIVO permette di :

  • dedurre al 100% l’intero canone di noleggio
  • non versare nessun anticipo
  • non impegnare le linee di credito ( a differenza di un Leasing o Finanziamento)
  • non immobilizzare le risorse finanziarie
per approfondimenti Dott. Massimo Somaschini cell. 3701323488 da lunedi a venerdì

referenze

Crescita consumi stevia U.S.A. +31% Italia 0%

Una ricerca sui prodotti a base di stevia appena pubblicata da Primapress di Chicago fatta dall’ autorevole  Mintel Group di Chicago riporta un aumento del 31 % di prodotti contenenti stevia come edulcorante più usato come sostitutivo dello zucchero.

In Italia i prodotti che contengono stevia sono poche unità, l’enorme discrepanza ha una spiegazione purtroppo politica: è in atto un blocco perpetrato dalle lobby degli zuccherifici in accordo con le Associazioni degli agricoltori. https://italstevia.com/la-cecita/

Tutto ciò avviene mentre i Media di settore , a quanto mi risulta, fanno finta di non vedere.

Le conseguenze sono che gli agricoltori, che essendo l’ anello più debole dovrebbe essere quello più tutelato, sono indotti a coltivare barbabietola da zucchero con redditività per ettaro minimali che si quintuplicherebbero coltivando invece stevia https://italstevia.com/esclusiva/

Eppure le coltivazioni-pilota di stevia, fatte nel 2018 in diverse regioni del Centro-Sud Italia, hanno dato buoni risultati, ma in mancanza di un adeguato supporto politico-finanziario, nel 2019 si sono fermate.

Le ricadute per i consumatori (diabetici od a rischio diabete in particolare ) sono quelle di non avere a disposizione bevande ed alimenti con un dolcificante a ZERO CALORIE e naturale come la stevia.

Di seguito riporto l’ articolo di Primapress ” Nel 2018, il numero di nuovi prodotti che utilizzano la stevia è cresciuto del + 31%. Ciò corrisponde a un aumento del + 11% nel 2017. Ciò significa che il tasso di crescita dello scorso anno è quasi triplicato. Nell’osservare separatamente i lanci di bevande e alimenti con la stevia l’anno scorso, l’aumento è stato del + 36% per le bevande e del + 27% per gli alimenti.
I dati del 2018 continuano a mostrare l’accresciuta adozione di stevia come ingrediente importante per le aziende del settore delle bevande e alimentari. In una serie di categorie, dove vengono usati dolcificanti ad alta intensità, la stevia è ora il leader; queste categorie comprendono: bevande a base vegetale (alternative lattiero-casearie); gelato a base di latte e yogurt congelato; tè freddo pronto da bere; e condimenti e aceti. Stevia ha anche un’alta incidenza di utilizzo in: bevande gassate; e sostituzioni di pasti e altre bevande.  “

Germogli bambù a 30 € al kilo ?

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Parrebbe proprio di sì : in Cina germogli bambù a 30 € al kilo !!!

Questo è quanto riporta , come da documentazione fotografica, un nostro  conoscente attualmente in viaggio per lavoro in Cina.

Per inciso nelle parti centrali e orientali della Cina, dal 26°N al fiume Yangtze (33°N) ci sono molti bambù monopodiali e simpodiali.

I principali generi sono Phyllostachys, Indosasa, Sinobambusa, Indocalamo, Pleioblastus, Dendrocalamopsis e altri.

Tra questi, Phyllostachys è il genere economicamente più importante in questa regione, in particolare Ph. pubescens, che è concentrato nella Valle dello Yangtze, la più grande foresta di bambù coltivato che occupa il 58,85% dell’area totale della foresta di bambù in Cina.

La foto è stata fatta in un supermercato di Shanghai , su cui erano esposte delle confezioni sotto vuoto, di germogli di bambù . La confezione del peso di 100 gr. era in vendita all’ equivalente di 3,00 €.

Un breve calcolo ci riporta ad un prezzo dei germogli di bambù a 30 € al kilo

Redditività:

Se partiamo da 600 piante ettaro, considerando che una pianta fà dai 4 ai 6 germogli all’ anno, al 4° anno siamo a 38.400 germogli, supponendo di raccogliere il 30% abbiamo 11520 germogli x un peso unitario di 0,200 kg cadauno, otteniamo 2.340 kg .

Con una quotazione all’ ingrosso di 2,00 € al kilo otteniamo 4608 € accettabile per una coltivazione che infittendosi ogni anno di nuovi culmi, vi produrrà per 80-100 anni non solo germogli ma anche canne.

Di sotto i germogli freschi di un bambuseto di una quindicina d’ anni nel ferrarese

Ferrara germogli bambù NON a 30 € al kilo ma prodotti in Italia

Vita in Campagna e il bambù gigante

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Il n°6/2017 della prestigiosa rivista Vita in Campagna, ha proposto un mio articolo sul BAMBU’ GIGANTE, riportando tecniche colturali, redditività, commercializzazione e vivai ove reperire le piante madri.

Il tutto come riportato nelle pagine seguenti e pubblicato da Vita in Campagna e il bambù gigante:

Vita in Campagna 06/2017 e  il bambù gigante
Vita in Campagna 06/2017 e  il bambù gigante
Vita in Campagna 06/2017 e  il bambù gigante
Vita in Campagna 06/2017 e  il bambù gigante

Siamo nel 2022 ed cinque anni passati dalla prima stesura di questo articolo molti fatti hanno profondamente sconvolto il sistema di coltivare il bambù vedi il seguente video:

bambuseti meccanizzabili

Anche i vivai non sono più gli stessi , i migliori sono quelli che forniscono piante adulte e con specie di bambù ben riconoscibili ovvero il Phyllostachys edulis è il RE dei bambù

Bambù gigante batte mais 1 a 0

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Se fosse una partita di calcio, potremmo dire : Bambù gigante batte mais 1 a 0

E di oggi (2016) la notizia della Coldiretti che il mais sta quotando 0,18 € al chilo contro 0,195 al chilo di quello extra-comunitario, l’ ennesimo “schiaffo” agli agricolori italiani.

Non và meglio con il pomodoro che si regge sui contributi comunitari , sottoquotato rispetto a quello marocchino.

Ne ho avuto conferma diretta dai produttori di Vittoria e Pachino nel ragusano, durante un mio viaggio a gennaio per promuovere il bambù gigante

Bambù gigante batte mais: un esempio di bambuseto nel torinese
bambuseto nel torinese

In Cina, con una popolazione di oltre un miliardo di persone da sfamare, troviamo 34 milioni di ettari a mais contro i 7 milioni, un quinto circa, a bambù gigante .

Perchè non provare a diversificare partendo da pochi ettari da dedicare a bambù gigante, le enormi estensioni a mais ?

In Italia attualmente il rapporto è lo 0,15% di superfici a bambù gigante rispetto al granoturco e con redditività attese dieci volte superiori probabilmente bambù gigante batte mais 1 a 0 !

Bambù: coltivazioni industriali nel 1930

Il bambù gigante di cui tanto si parla in questi tempi e le cui coltivazioni industriali sono in forte crescita in tutt’ Italia, ha un precedente nel Agro-Pontino nel 1930.

In quegli’ anni si coltivavano estesi canneti di Arundo Donax L. della famiglia del bambù, per la  produzione di cellulosa e filati di rayon detti filati di seta artificiale.

raccolta canne Bambù: coltivazioni industriali nel 1930
raccolta canne da trasmissione R A I Geo

Per chi non fosse a conoscenza del rayon riporto da Wikipedia quanto segue:

Il rayon (a volte chiamato modal) è una fibra trasparente che si ottiene dalla cellulosa[1].

Le fibre di cellulosa del legno o del cotone si sciolgono con soda caustica che reagisce con il solfuro di carbonio dando un composto solubile in acqua che è una soluzione colloidale, chiamata viscosa, che fatta passare attraverso piccoli ugelli in un bagno di acido si riconverte a cellulosa. Lo stesso processo utilizzando sottili fessure al posto degli ugelli, fornisce il cellophane.

A partire dal 1924 Il rayon si chiamava anche”seta artificiale” o “seta del legno” .

Al contrario del nylon, il rayon assorbe l’acqua, rendendo i tessuti ottenuti molto più confortevoli per essere indossati.

Oltre il rayon viscosa esistono altre varianti di rayon, come il rayon alla nitrocellulosa (sviluppato nel 1891 ma messo fuori produzione a causa della sua alta infiammabilità), il rayon cuproammoniacale (sviluppato nel 1890 e con applicazioni industriali dal 1911 e che assomiglia moltissimo alla seta). Esiste anche un processo all’acido acetico che dà luogo agli acetati tessili e al triacetato di cellulosa, molto usato, per molti anni, nelle pellicole cinematografiche.

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