Finalmente uno studio che se non porta alla verità assoluta, fà un pò di chiarezza sulle aspettative riguardo le coltivazioni industriali di bambù gigante .
Fonte : prof. Fu Maoyi Istituto di ricerca colture sub-tropicali Università di Fuyang, Zhejiang Cina
In estrema sintesi la ricerca che potete scaricare integralmente , rivela che dei 7 milioni di ettari di bambuseti presenti in Cina , ben 2 milioni di ettari di bambuseti adulti hanno una produttività , per ettaro, di 1,5 tons di culmi per anno e 0,5 tons di germogli edibili ovvero sono poco più che dei grossi cespugli.
La situazione in Italia
L’ immagini che trovate qui sotto riporta uno dei tanti bambuseti italiani che hanno produttività simili a quelle sopra riportate ben lontane dai 15 tons per ettaro di culmi e 1,5 tons di germogli quale media cinese.
bambuseto di 5 anni scarsamente sviluppato ( foto 2022)
Fra le cause citate nel rapporto , l’utilizzo della riproduzione da seme che porta, naturalmente, alla creazione di sottospecie di Phyllostachys edulis spesso meno produttive.
In una dettagliata descrizione il Prof. Maoyi raccomanda diversi metodi di moltiplicazione da separazione ( moltiplicazione agamica) di parti di una pianta madre ben vigorosa ed attentamente selezionata.
La riproduzione da seme è lasciata più ad un accadimento naturale delle foreste di bambù che ogni 80-100 anni, vanno a fiore favorendo, con l’impollinazione anemofila, la creazione di nuove sottospeci di Phyllostachys.
Purtoppo solo pochi vivaisti in Italia usano la moltiplicazione agamica, preferendo utilizzare, per creare nuove piantine, semi cinesi di Phyllostachys facilmente reperibili ed economicamente più redditizi .
vivaio che utilizza la moltiplicazione agamica e ottiene piante madri adulte di Pyllostachys E.
L’industria cartaria come altri settori industriali si è adagiata per anni sull’importazione di cellulosa dall’estero. Da ancora prima della guerra in Ucraina i prezzi della cellulosa sono esplosi ed il cartone riciclato non è sufficiente a compensare gli aumenti. La Cina dal cui export l’Italia dipende dieci volte più di quello dalla Russia, ha da anni sviluppato tecnologie per produrre dal bambù la cellulosa.
Il bambù gigante è la pianta, mi correggo l’erba, che cresce più velocemente al mondo: una catena di cartiere cinesi utilizza già ora, per produrre cellulosa, 400.000 ettari di bambuseti. Sembrerà strano ma parlando con alcuni proprietari di cartiere, a cui ho dato dei campioni di cippato, mi hanno detto che non è una soluzione percorribile…?!
Questo sta a significare che c’è grande ignoranza (non conoscenza) o pigrizia ad affrontare il problema anche da parte di grandi vivaisti che hanno spinto alla realizzazione di oltre 2000 ettari di bambuseti in Italia spesso miscelando specie diverse. Oltre ad un approccio superficiale dove e cosa fare del bambù gigante, con ugual forza e determinazione, queste aziende dovrebbero promuovere l’utilizzo , ad un prezzo congruo, della biomassa di bambù.
Tecnologia: dal bambù alla cellulosa
A quanto mi risulta in Italia, esiste solo una cartiera in Emilia che produce cellulosa da residui di pioppo.
Ma esistono delle storture che vanno corrette: se una cartiera acquista cippato di bambù e lo vuole pagare 50 €/ton con una resa del 45 %, avrà un costo di materia prima di circa 80 €/ton: l’agricoltore non può ricevere una miseria per una cellulosa che altrimenti la cartiera dovrebbe importare a dieci volte in più ovvero 1000 € la tonnellata.
Attualmente ci sono tecnologie con cui ottenere con l’estrazione “per esplosione” del cippato di bambù, non solo cellulosa, ma anche sottoprodotti ligninici e tanninici, aumentando notevolmente la redditività dell’impianto.
Una legge “profetica” del 19.12.2007 dell’Agenzia Americana dell’Ambiente
ci riporta al capitolo ” Indipendenza e Sicurezza Energetica”( attenzione parliamo nel 2007 dell’indipendenza energetica negli USA figuriamoci in Italia) all’importanza dei biocarburanti dandoci una tabella con delle proiezioni sugli anni futuri:
incremento produzione bioetanolo da cellulosa negli anni
Incrementare di alcune migliaia di ettari i bambuseti in Italia, produrre cellulosa “materiale strategico” per le cartiere, e bioetanolo, NON è FANTASCIENZA ma una realtà che può dare reddito agli agricoltori, cellulosa ad un prezzo congruo, bioetanolo per contribuire all’indipendenza energetica del nostro paese.
Scrive Estelle Brachlianoff , CEO di Veolia la più importante bioraffineria in Europa: “Il vantaggio del nostro concetto industriale è che è replicabile in circa l’80% delle cartiere di tutto il mondo. Ha il potenziale per sbloccare una materia prima aggiuntiva, generata localmente, di biometanolo neutro in termini di CO2 per il biocarburante che potrebbe essere stimato a 2 milioni di tonnellate”.
Scenari futuribili
La Cina come per le terre rare, i micro-chip, metalli strategici, si sta accapparrando sul mercato mondiale tutta la cellulosa disponibile. In un futuro prossimo esporterà solo prodotti cartari finiti, carta igienica, fazzolettini, costringendo a dura vita le cartiere italiane nonostante il loro processo di aggregazione in complessi sempre più grandi.
prodotti cartari cinesi
Una via d’uscita possono essere le foreste di bambù gigante per la produzione di cippato da cui estrarre la cellulosa ed ancor meglio, il bioetanolo.
Tutto ciò a condizione che ci sia una corretta remunerazione degli agricoltori per i loro investimenti e dei loro sforzi che ad oggi si possono quantificare il 180-200 € a tonnellata per il cippato di bambù.
Per non parlare dei vantaggi delle decine di migliaia di crediti di carbonio che le foreste di bambù producono a compensazione di quelli negativi delle cartiere.
Scrive Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera: “non eravamo preparati alla guerra. Ora è meglio non arrivare impreparati anche al dopoguerra.”
“ Un punto centrale della propaganda di Xi Jinping è che l’Occidente sarebbe entrato in una fase di declino irreversibile ” ( articolo di Danilo Taino Corsera 10/06/21 ) ed io aggiungo: BASTA Cina .
In effetti se guardiamo ai dati economici e sanitari, la Cina è di fatto la vincitrice della Terza Guerra Mondiale !
Guerra che ha preso la forma di una pandemia, il Covid, che è partita da Wuhan in maniera colposa o preterintenzionale “ai posteri l’ardua sentenza”.
L’ispezione fatta dall’ OMS nei mesi scorsi non ha certo fatto chiarezza dato che i funzionari stranieri hanno visto quello che gli hanno lasciato vedere senza nessun contatto diretto con scienziati o medici cinesi.
Al G7 in Cornovaglia si è parlato di Green Economy che vuol dire anche pannelli fotovoltaici ma il 68% della produzione di pannelli solari è in Cina, questo vuol dire che miliardi del Ricovery Plan finiranno ad industrie cinesi per di più pesantemente sovvenzionate dallo Stato: questo è il primo bottino.
Terre rare: sono elementi base per importanti settori strategici dell’industria elettronica e difesa( smarphone, fibra ottica, led, satelliti, ecc.) .
Nel 2014 quando vivevo in Ghana, ho constatato che le migliori concessioni aurifere sono in mano ai cinesi, ma sfruttando la loro presenza in loco così come in altri paesi africani, cercano di accaparrarsi anche nuove fonti di terre rare e altri minerali strategici.
Scoperta più recente è quella che dipendiamo dalla Cina per le mascherine ed altri presidi medici. Potrei proseguire a lungo questo elenco che ha origini lontane come per l’acido acetilsalicilico (aspirina) che fin dagli anni ’80 era prodotta in Cina e poi ridotta in compresse dalla Bayer in Germania.
Non vorrei sembrare sinofobo anzi quando si è trattato di aiutarli, nel 1978, ad uscire da una profonda crisi agricola, nel mio piccolo, ho tenuto a Pechino diversi corsi ai docenti universitari cinesi di “tecnologie agricole avanzate” ed enologia, ma come si sul dire ” a tutto c’è un limite” e chi ci governa dovrebbe tenerne conto.
Qui di seguito un esempio della mia corrispondenza avuta con gli accademici cinesi
scambio epistolare con accademico cinese per mia conferenza
E’ in atto una forma di neo-colonialismo basato non su una presenza fisica ma su una subdola e capillare presenza industriale e commerciale della RPC nei Paesi più modernizzati.
Questa lunga premessa per affermare che tutto quello che si può fare in Italia và fatto.
In campo agricolo, ribadisco la mia contrarietà verso quegli agronomi e funzionari amministrativi che vorrebbero ostacolare o proibire la coltivazione del bambù gigante(ovviamente al di fuori di parchi naturali o riserve).
Il Bambù Gigante è uno dei pochi regali che ci fà la Cina, fornendoci un’erba facilmente coltivabile in Italia, che ha la più veloce crescita al mondo e da cui si possono ricavare germogli, bio-imballaggi, laminati e tanti altri prodotti ecosostenibili. O è preferibile anche per le canne o rattan rimanere fortemente dipendenti proprio dalla Cina ?
interni in laminato di bambù MOSO (foto LIon Tetler)
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